domenica 30 marzo 2008

Brezny sostiene che farei bene ad accettare un invito che potrebbe sconvolgere il mio mondo in pochissimo tempo.
Comincio da qua. Mi è stato rivolto un invito a continuare a scrivere. Credo che non lo sconvolgerà , ma, in qualche modo, mi darà la sensazione di poterlo per un attimo incontrare, il mio mondo. Persone e incontri, che stanno dall'altra parte del mondo, che girano il mondo, che cambiano il mondo, che vivono il mondo.

mercoledì 1 agosto 2007

COMUNICATO STAMPA

Per cause di forza maggiore ( vedesi strong malaria di Matteo) abbiamo detto addio ai nostri sogni di gloria, alle vacanze in riva all'oceano indiano, ai quasi estinti gorilla di montagna, ai parchi e agli animali della savana e più semplicemente agli ultimi dieci normali giorni di vita nel campo.
Torniamo l'8 agosto, preparate cocktail e piscina, salumi e gelati, focaccia di Coffa, grissini, lasagne e un po' di buon vino.. ma soprattutto troveremo qualcuno?!
Un abbraccio grande, a presto!
Ram e Mat

domenica 29 luglio 2007

Ci scusiamo per l'interruzione..


Ho sempre pensato che questa immagine fissa, con quel sonoro acuto e costante fosse quantomeno assurda. A tratti inquietante, spesso ipnotica, decisamente poco comprensibile.
Prendetelo così questo post. Vi racconterò meglio al più presto possibile.
Un abbraccio!
P.S. Grazie a tutti per gli auguri e/o il pensiero

martedì 17 luglio 2007

Immagina

Quest’Africa offre molto più di quanto io possa dare. Non mi sento particolarmente utile. Ma mi sento particolarmente parte di questo mondo.Quest’Africa mi risveglia, mi risveglia per ciò che ci riguarda come occidentali, occidentalizzati e un po’ depressi e demotivati. Forse ciò di cui la nostra civiltà non si sta rendendo conto è il conflitto tra il sistema che abbiamo creato e i reali bisogni umani che esso dovrebbe risolvere. Quest’Africa rende chiare e visibili le reali necessità dell’uomo. Penso a me, a molti di noi, alle domande sul futuro che ci siamo posti, al supremo e legittimo bisogno di significato, che spesso mettiamo a tacere. Il filosofo francese Jacques Ellul scrive: “non è affatto l’età della violenza; è l’età della consapevolezza della violenza”. E io credo fermamente che questo discorso non riguardi solo la violenza. Anzi, mai come in questo momento storico abbiamo la possibilità e le giuste condizioni culturali e non solo, di affrontare consapevolmente ciò che non funziona nel nostro sistema a molti livelli. Il sistema prova ad assopirci, a impigrirci, a farci sentire quasi nulli, il sistema prova a farti credere che dovrai pensare a te stesso, perchè altrimenti ti si mangeranno, quasi fosse una lotta, una lotta tra di noi. Ma io non credo sia così. Io continuo a credere nelle possibilità dell’uomo. Non dobbiamo perdere la capacità di immaginare il nostro futuro. Senza questa capacità saremmo perduti. E saremo meno uomini.

Christine è una ragazza di 24 anni che vive nel campo profughi di Minakulu. Durante una lunga chiacchierata, sedute nella sua capanna, mi ha raccontato dei suoi sogni e delle sue difficoltà. Lei vorrebbe studiare, fare l’agronomo, poi mi dice: “non voglio soffrire come i miei genitori”. I suoi genitori zappano tutto il giorno per la sussistenza della famiglia. Lei ha riempito anche un centinaio di taniche d’acqua al giorno per mettere da parte i soldi necessari a pagarsi la scuola secondaria, sperando di riuscire ad accumunarne abbastanza per il prossimo anno, altrimenti si rimanda, si salta un semestre..Ora sta facendo la poliziotta. Non le piace per nulla. E lo lascerà appena potrà. Ma ha sempre il suo obiettivo: tornare a scuola. Per studiare ciò che le interessa. Si possono fare dei compromessi. Spesso si devono fare per necessità. Ma non bisogna perdere l’obiettivo E noi?E io? Non abbiamo avuto nessuno di questi problemi, o almeno in modo molto molto più soft, nemmeno paragonabile. Ma spesso non abbiamo la motivazione e la volontà necessaria a scegliere, a lottare, a soffrire, a vivere davvero. In prima persona. Ci perdiamo in un sacco di stupidaggini. E tolta la necessità di avere ciò che è necessario per vivere, e vivere dignitosamente, ciò che spesso ci manca è proprio l’obiettivo. Anche quando sembra che ciò che fai non venga capito e magari riconosciuto. Anche quando pensi che vaffanculo, non ne vale la pena. Ciò che da il senso è ciò che io voglio essere. Come uomo, come donna. Tra gli uomini.

venerdì 13 luglio 2007

Errata corrige

Ops.. ho aggiunto qualche foto e un piccolo pensiero che son, ahimè, finiti due post più in giù. O scorrete oppur, per comodità, cliccate qui.

...-Panorami

P.S. Le foto purtroppo sono un po' piccole, ma altrimenti il blog faceva fatica a caricarmele. Se però cliccate su ognuna, vi si aprirà un po' più visibile.
Abbraccio!

giovedì 28 giugno 2007

Racconti

La settimana del “De gustibus non disputandum est”. Invitati a pranzo da Brother Elio (un fratello comboniano) per l’arrivo del nostro responsabile Antonio, ci siamo dedicati felicemente e completamente al lussuoso piacere del cibo. Tra patatine, pasta, verdure, fagioli, cipolle e lombo di maiale, da un vassoio a centro tavola ci giunge un profumo davvero invitante. Carne bianca, gustosa come coniglio, ma tenera quasi fosse pesce. Scopriamo solo dopo, che l’animale in questione, lungo circa 3 metri per 15 kg di peso, prima di essere servito a noi commensali, fu un pitone costrittore. Eccellente. Superbo. Tre giorni dopo viene a trovarci Christine, un’ amica del gruppo giovani di Minakulu, portando con sè un intero cosciotto di maiale selvatico ( una sorta di cinghialino). La sua carne affumicata e rosa era roba da leccarsi i baffi. E ultimo, ma non meno importante, ho assaggiato le famose termiti essicate al sole. L’aspetto di insetto, zampine comprese, mi rendeva sospettosa, ma il gusto ricorda vagamente quello di nocciolina. Tutto sommato niente male. Anche schiacciate in polverina e aggiunte al pesto di sesamo. Gradita fuga dal solito tran tran di pasta, cassava, fagioli e polenta di mais sciapa.

La settimana de “Le fatiche erculee”. Settimana di malanni. La malaria colpisce ancora e lo fa sul serio. Matteo a letto per due giorni con febbrone da cavallo se l’è cavata con il normale ciclo di pastiglie; Francesca, dopo la notte insieme passata insonne, è con Monica nell’ospedale (quello dei ricchi) a Gulu. Due giorni sotto quinino, ma sta decisamente meglio. Ed infine anche l’auto ha esalato l’ultimo respiro. Si è rotta la cinghia, ditrutte le valvole e pistoni consumati. I gentili meccanici dell’officina dei padri comboniani ci hanno prestato un vecchio Pajero che parte solo a spinta.

La settimana del “Faccia a faccia con il potere”. A tavolino, in momenti separati, con due delle cariche più importanti del Nord Uganda: l’ausiliario dell’Arcivescovo di Gulu e LC V, in pratica il presidente della regione, Norbert Mao, nonchè, pare, possibile candidato alle prossime elezioni presidenziali. Il capo della chiesa è un tipo enorme e con lo sguardo basso e l’arcata sopraccigliare un po’ arcigna; chiama al telefono l’arcivescovo impegnato nei colloqui di pace a Juba e lo chiama “Sua Grazia”. Si esprime come gli uomini di Chiesa, fa MMM con la testa e con le mani incrociate tra l’anellone. Incontro informale. Due chiacchiere di cortesia. Nel pomeriggio siamo stati ricevuti, dopo attese e appuntamenti saltati (dicesi strategia del farti sentire piccolo e insignificante), dal signor Mao. Un politico nero e giovane, ma un politico. Per la prima volta ho avuto la sensazione di essere davanti ad atteggiamenti, ragionamenti e dialettica conosciuta. Il tutto presentato, però, da una rara simpatia, e da un sorriso che arrivava come spontaneo. Seduta di fronte a lui, ho preso appunti, ho osservato attentamente la comunicazione non verbale, e mi sono buttata nel (entusiasmante) gioco della giornalista. Qui sotto vi lascio anche il resoconto del nostro incontro che prova a raccontare, forse, la situazione dei colloqui di pace.

La settimana delle “Storie di uomini e di guerra”. Otoo Jimmy è un ragazzo di 17 anni, di Ukole vicino a Minakulu Center. Quello che abbiamo capito è che nel 2004 è scappato dal bosco , dopo essere stato rapito e trattenuto dai ribelli per alcuni mesi. I ribelli gli avevano spaccato la mandibola, forse per questo è riuscito a scappare, o lo hanno lasciato moribondo nel bosco. In ogni caso venne portato a Gusco, centro di riabilitazione degli ex -bambini soldato e fatto operare al Lacor Hospital. Purtroppo la mandibola è rimasta bloccata, riesce a parlare , anche se non molto bene, ma non riesce a masticare. Infila dei piccoli pezzi di cibo nell'apertura rimasta e li deglutisce senza poterli masticare. Martin è un infermiere del dispensario di Minakulu Centre. Nel 2003 è scappato in seguito agli attacchi dei ribelli, dal villaggio di Aloi con nove bambini rimasti soli; con loro, ha vissuto per tre anni in un campo profughi. Dall’anno scorso, tre dei bambini orfani è riuscito a farli accogliere da alcuni parenti, mentre gli altri 6 sono rimasti con lui. Più mamma anziana malata di artrite deformante, moglie e la piccola Fiona, unica figlia naturale. Nonostante le difficoltà, la giovane età e uno stipendio mensile piuttosto basso, Martin ha deciso di tenere con sé questi bambini, con una umanità e una generosità spesso rare in questo contesto, dove il senso di famiglia allargata, tipico della cultura africana, sembra essere stato distrutto dall'atrocità della guerra.

Per entrambi stiamo cercando aiuti e sostegno e forse riusciremo a dare una mano (per quanto possiamo).

Io sto bene. Abbraccio largo, grosso, rotondo.

Incontro con Norbert Mao, LC V del distretto di Gulu

In data 26 giugno 2007, i volontari insieme ad Antonio (responsabile giunto dall'Italia) hanno incontrato Norbert Mao, LC V del distretto di Gulu. L’incontro si è aperto con il dono di una copia de “Il giornale dell’anima” di Papa Giovanni XXIII, richiesto espressamente dal neo presidente della regione durante il primo incontro tenutosi nel settembre 2006. Antonio ha, in seguito, dato via al colloquio chiedendo informazioni sull’andamento delle trattative di pace. Mao ha espresso soddisfazione per il raggiungimento dell’ammissione di responsabilità per i crimini commessi da parte dell’LRA, ma sostiene che le trattative sul terzo punto in agenda, che contiene anche le annose questioni di giustizia e riconciliazione, necessitano di voci forti. La questione delle responsabilità infatti pare sia incagliata sull’accusa ai leader dell’LRA della Corte Criminale Internazionale e Mao ha ipotizzato che un intervento dell’Europa o del Vaticano potrebbe aiutare a sbloccare la situazione. Il presidente sostiene inoltre che ci sono tre alternative al processo di fronte all’ICC: la prima è relativa al processo di giustizia tradizionale (in Acholi chiamato Mato Oput), che sebbene sia basato non sulla punizione, ma su una sorta di risarcimento tra clan, non è strutturato per crimini di così grande portata. La seconda apre la possibilità ad un Tribunal Forum for the North Uganda che preveda la possibilità alle vittime di dar voce ed espressione al loro vero sentire e di incontrarsi faccia a faccia con i carnefici. Il governo ha accettato questa proposta, seppur escludendo che anche l’UPDF si presenti davanti a questo tribunale. A questo proposito Mao ha parlato ai volontari del progetto distrettuale di costruzione di un Victim Witness Centre, preposto alla documentazione e all’ascolto. La terza possibilità è la costituzione di una Commissione per la Verità e Riconciliazione Nazionale, che ha incontrato, però forti resistenze da parte del presidente Museveni, il quale dovrebbe presentarsi di fronte alla commissione per aver ordinato nel 1991 l’arresto di alcuni leader del Nord o di bombardare i villaggi. Secondo LC V, se l’obiettivo finale è l’unità dell’Uganda, il governo non può rimanere sulla difensiva e a questo proposito ha speso due parole per ricordare come il Nunzio Christopher sia stato una figura importante, capace di richiamare il presidente Museveni alle proprie responsabilità. L’unità dei gruppi religiosi, l’intervento nelle trattative dell’inviato delle Nazioni Unite Chissano (particolarmente rispettato dal presidente ugandese), la pressione esercitata dall’incontro dei capi di Stato del Commonwealth a novembre e il supporto finanziario di Norvegia, Canada, Italia, Svezia e Francia, costituiscono un ottimo terreno per il raggiungimento della pace. Sebbene, secondo il presidente Mao, il ruolo e la posizione di Khartoum non sia del tutto chiara, la pace in Nord Uganda eviterebbe un ulteriore coinvolgimento dell’LRA in Sud Sudan, evitando un inasprimento del conflitto. LCV ha sottolineato inoltre l’importanza di fare pressioni sul governo ugandese affinchè si impegni davvero per la fine della guerra. Per quanto riguarda la situazione dei ribelli, invece, seppur probabilmente siano rimasti nall’area alcuni gruppi di pochi elementi, non ritiene che potranno causare grossi incidenti.

I volontari hanno poi rivolto all’LC V alcune domande sulla situazione specifica del territorio in cui operano. In particolare la prima è relativa alle attività delle Ong, 400 a Gulu, tuttora impegnate all’interno degli IDP camps e assenti o quasi nel sostegno verso chi si sta spostando nei villaggi originali, e alle loro relazioni con il distretto. Mao sostiene che le attuali attività delle Ong derivano dalla precedente panificazione e amministrazione, ossia che le organizzazioni stanno concludendo ora ciò che era stato deciso un anno fa. A questo proposito LC V sta cercando di stipulare degli accordi specifici tra Ong e distretto, in modo tale da rendere quest’ultimo il primo interlocutore dei doners. Per quanto riguarda il resettlement il distretto sta pensando a come strutturare i nuovi centri urbani e a stendere una pianificazione chiara che però non è tuttora pronta.