sabato 26 maggio 2007

Il bianco e il nero

Mi abituo alla doccia fredda tutti i giorni e all'acqua calda nelle bottiglie. Ma ci sono certe cose, alcune cose, che tentano costantemente di farmi perdere la pazienza.

E il leone che c'è in me ruggisce silenzioso. Ma ostinato.

Sono cose da bianchi e cose da neri. Ed è chiaro, sono solo sensazioni, che continuo a rivalutare.

Mi colpisce la nostra incapacità di prendersi il tempo di creare relazioni, di salutare con qualcosa di più che un semplice cenno, di aspettare le loro risposte senza suggerirgli cosa dire. E di guardare agli altri, agli africani, con l'atteggiamento oscillante tra la dolcezza un po' mielosa della mamma con il suo bambino, e il fastidio e la sufficienza un po' superiore di fronte alle incapacità altrui.

E del resto spesso non sopporto neppure gli abissali e spesso inspiegati tempi africani, le attese lunghissime e spesso vane e quella sorta di pigrizia che immobilizza. E come hanno imparato a guardarci semplicemente come una gallina dalle uova d'oro e ad affinare l'arte della richiesta nelle sue più varie forme. E mi turba perchè credo che tolga loro una dignità dell'uomo che, invece, mi è stata tramandata con forza. Oppure a trattarci come se davvero noi 'munu' fossimo superiori, a lasciarci passare le file senza aprir bocca, a dire sempre sì, a qualunque richiesta di bianco.

Il tutto è senza alcuna malignità, senza alcuna volontà di offendere. Sono i vestiti, gli usi e i costumi e la cultura profonda che ci portiamo dietro anche quando attentamente proviamo a svestircene.

E' spesso davvero molto difficile, spogliarsi di tutto ciò che è culturale, per rimanere persone nude le une di fronte alle altre. E guardarsi come tali, con il rispetto profondo che si dovrebbe ad un altro essere umano.

mercoledì 23 maggio 2007

Le prime volte

Settimana strana, ma senza il tempo di riflettere a fondo.. Ma ci sono ben due eventi che val sicuramente la pena di citare nella collezione delle prime volte.. Entrambi un po' scioccanti, entrambi impensati.
Ebbene, ieri sera matteo ha scoperto una zecca sulla mia pancia. Sì, proprio una zecca. Nera, in rilievo come un piccolo neo, aggrappata con tutte le sue forze al mio tenero pancino succulento. Come non comprenderla..La zecca è stata sfrattata con le brutte maniere dalle mani forti del mio uomo salvatore e da una pinzetta per sopracciciglia ed, infine, soffocata con dell'ottimo disinfettante. Pericolo scampato. Ma non è tutto.
Due sere fa, in pieno buio totale, corre a casa nostra Patrick, uno del gruppo paralegal (un gruppo creato dal comitato giustizia e pace che si occupa di risolvere i conflitti locali, da quelli familiari a quelli per la terra e così via..). Moglie incinta di nove mesi e mezzo in preda alle (ora lo so!) devastanti contrazioni. La donna, come tutte le donne qui, con estremo controllo di sè, dei suoi dolori e delle sue emozioni non diceva una parola, e nella lunga corsa verso l'ospedale esprimeva il suo dolore con delle piccole convulsioni. Con noi, Patrick e una levatrice locale, una ostetrica tradizionale diciamo. Ad un certo punto chiede di fermare la macchina, la facciamo scendere e la posiamo sulla strada sterrata.. ed è così che, torcia alla mano, è venuta alla luce Monica, una bimba di quattro chili e rotti. Con annesso taglio del cordone ombelicale e fuoriuscita della placenta e pianto liberatorio della bimba. Che dirvi..emozioni a gogò.
Le prime volte, e di sicuro questa, non si scordano mai.
Hugs!

sabato 19 maggio 2007

Under construction

Il sole sorge alle 6.45 e tramonta alle 19.20, fuso orario di +1 ora, pioggie torrenziali quasi tutte le notti , caldo equatoriale di giorno, cielo immmmenso, costellazioni mai viste, così pure le piante, gli insetti e i gli animali scorrazzanti (go,strani scoiattoli e anieri, strane lontre) e poi motociclette taxi che si chiamano boda boda.

Ebbene son già passate due settimane, volate!

Settimana iniziata qua in città (Gulu) con un carico di malati da portare in ospedale, pezzi nuovi per pozzi da riparare e frutta esotica dal mercato cittadino(mmm..goduria..mango, ananas, banane di ogni sorta, avocado, passion fruit..). Piccolo passo indietro: cosa sta succedendo qua, ora?

La guerra ha molte facce e dovrei cominciare raccontandovi le motivazioni politiche e personalistiche dei leader , troppo spesso sottovalutate. Dovrei raccontare quante facce sa assumere la democrazia, e cosa significhi lo Stato, qua in Africa. Dovrei anche parlare degli intrecci tra gli stati di questa regione dei grandi laghi e spiegare come continuano a convivere qua l’anima africana e quella coloniale. E provare a osservare le facce del denaro in tutto questo. Le segno qua, per non dimenticarmi di provare a farlo poco a poco. Ciò che oggi posso descrivere però, ciò che vedo ogni giorno, è cosa lascia la guerra nella vita quotidiana delle persone, mentre continuano i colloqui di pace tra il governo e i ribelli dell’LRA, all’interno di lussuosi palazzi a Juba, nel sud Sudan con un budget di spese giornaliere esorbitanti. Piano piano (mot mot) il popolo Acholi di quest’area sta tornando a ricostruire le vecchie case, abbandonate durante la guerra per scappare nei vari campi profughi (campi di capanne attaccate, ai bordi della strada principale con accanto un piccolo presidio dell’esercito, pessime condizioni sanitarie, totale dipendenza dagli aiuti internazionali). Tornare, significa riappropriarsi delle proprie terre da coltivare con i confini confusi nell’erba, ricostruirsi la casa (capanna di mattoni di terra, bambù e tetto in paglia), ricostruire le latrine, ricostruire le scuole, ma soprattutto i pozzi. La guerra e l’abbandono distruggono. E cambiano volto alla terra e al suo popolo. E, personalmente, trovo commovente la capacità dell’uomo di ricostruire.. rapporti, case, famiglie. E noi? Settimana fatta di pozzi riparati e di distribuzione di attrezzi e materiali vari (bamboo, chiodi, asce, coperte, teloni per giacigli provvisori e latrine). Perchè pace significa anche poter tornare a casa, poter ricominciare a zappare, riunire la famiglia allargata, vivere in mezzo a una natura talmente viva da nascondere case e persone, che si perde a vista d’occhio e che regna, padrona rispettata. Pace è anche prendere coscienza di sè, è voglia di cooperare, è bisogno di crescere, così ci è sembrato carino dare una mano al gruppo giovani del campo dove viviamo (minakulu) a creare uno spazio in cui avere libri comuni (gentilmente donati da alcuni nostri amici) e in cui semplicemente avere la possibilità di leggere.

War? Peace? Africa? World? Forse davvero, le risposte più utili sono quelle che propongono nuove domande..

E se vi va di sganasciarvi alla faccia mia, andate di nuovo sul blog del teo, il quale mi ha rubato la foto che volevo postare..


Grosso abbraccio!

"I was thirsty and you gave me to drink"

Vi invito a leggere questo articolo http://www.ugandaobserver.com/new/oped/oped200705173.php di uno straordinario prete spagnolo che per anni ha vissuto nella casa di Minakulu dove abitiamo noi oggi, con la gente martoriata dagli attacchi dei ribelli, con la paura e la consapevolezza di non essere padroni del proprio domani. Bè insomma..parla di noi in un articolo molto bello (seppur in inglese, per i più vecchi mi dispiace ma non faccio in tempo a tradurlo!) sull'acqua, diritto umano spesso negato qua, e su come le organizzazioni governative internazionali e non gestiscano i loro progetti a tal proposito ( e su questo ci sarebbe assai da discutere).
"My reason for hope today is that I know people who don’t go for international conferences in big hotels, but follow the Gospel mandate where Jesus says: “I was thirsty and you gave me to drink”. Since last year, a group of four Italian volunteers working for a Christian peace organisation has lived in the parish house of Minakulu. They don’t have electricity or running water and everyday they go to fill their jerry cans at the borehole in the centre, like everyone else living there. After fundraising from their friends at home, they managed to get some little funds and they are using every bit of it to do what others are not doing: repair boreholes in remote villages. I have found it amazing how a mere Shs 300,000 (about $170) can change the lives of one thousand people. Perhaps it would be more accurate to say that it is goodwill and a compassionate heart that can make the difference. Without those, even the biggest amount of money will be of no use."

lunedì 14 maggio 2007

ALIVE!

Amici!!!! Aspettate, aspettate un attimo, ho bisogno di allungare le braccia fin là e abbracciarvi in modo collettivo per qualche secondo! . . . ok, fine delle smancerie..:-)

Finalmente riesco a scrivere qualcosa, seppur con il tempo di nuovo contato.

Dunque, ricapitolando.. qualche notizia nonostante la latitanza è arrivata: avete visto le nostre facce all’arrivo nella calda e umida Kampala nel blog del teo (che sbriciola l’ultimo piccolo scampolo di vanità femminile che mi rimaneva in Italia) e avete letto un po’ di quello che ho negli occhi in quello della tamy(grazie!). Nonostante il timore di Giacomo, giustificato dalla mia proverbiale sbadataggine, fortunatamente non sono ancora incappata in nessuna mina antiuomo e sto bene! tolta l’abbronzatura da muratore, la pelle squamata e lo stomaco in subbuglio.

Prima settimana intensissima sebbene qua il tempo non sia, nel modo più assoluto, un’entità misurabile e per questo diventi labile, variegata, lunghissima/evanescente: piena di cose da fare e di attese, di atteggiamenti da capire e pensieri da assorbire. Ho incontrato tantissime persone e partecipato ai rituali formali che le presentazioni singole e comunitarie hanno qui: AFOIO! I TIE’? A TIE’! Ci si saluta con le mani strette all’altro, con un lieve piegamento e si ripete due o tre volte come stai, grazie, bene, VUELO (ospite) siamo molto felici di darti il benvenuto, AFOIO MATEK!Grazie tante e così via. Sono stata presentata alla comunità durante la messa della domenica, messa cattolica lunga e articolata, ma africana con musiche africane e canti e danze e bambini seduti in terra a decine e preghiere intense e volti concentrati; sono salita vicino all’altare e mi sono presentata in inglese mentre un catechista traduceva il mio ringraziamento. Mi sono seduta su una stuoia di fronte alla capannina di un vecchio anche solo per qualche chiacchiera e qualche sorriso, per sapere come sta e vederlo fumare avidamente una sigaretta donata.

Ho visto le donne farsi chilometri con in testa una tanica da venti litri in equilibrio, una da dieci in una mano e un bambino sulla schiena tutto il giorno e ho visto come si ripara un pozzo comprendendone davvero l’importanza. Poi un po’ di cibo ai più anziani, a quelli che non possono più andare a zappare e pesano su famiglie povere. E povero qui diventa una aggettivo nuovo. Ho rispolverato come si uccide, spiuma e pulisce un pollo dopo che l’ennesimo signore ce lo ha donato perchè così si fa quando sei un ospite invitato. E abbiamo accompagnato un po’ di persone in ospedale, ma questa è un’altra storia, che va raccontata con calma.

Ho pensato tantissime volte alla mia nonna e a quello che vedevo nei suoi occhi.

Si respira libertà. Forse è la semplicità

Quando l’uomo stesso nelle sue molteplici sfaccettature e l’umanità più o meno consapevolmente intrecciata sa essere nello stesso tempo e in modo così duro, causa sprezzante e vittima incolpevole diventa difficile districare i fili della matassa.

Presto foto e altro per ora accontentantevi..;-)


P.S: Un pensiero gigante alla mia famiglia..


giovedì 3 maggio 2007

Nuovi modelli di animali guida

Il mio animale guida è femmina, ha le piume bianche, soffici e setose. E oggi mi basterebbe farle un po' di grattini sul capo e vedere il suo sorriso dolce e serafico allargarsi piano. Brontolerei sbuffacchiando. Ma , di sbieco, guardandola, sorriderei anch'io un sacco.

DLIN(G) DLON(G) - La valigia e le sue metafore

.. informazione di servizio. La signorina Bruno Ramona e la sua valigia sono attese al check-in numero 7: il suo volo è in partenza!..e io mi vedo..sono lì..con il maledetto laccio della mia maledetta scarpa destra, incastrato nella maledetta porta girevole di questo maledetto aeroporto e barcollo sotto il peso biblico del mio zaino in modo goffo e inadeguato..

Sono ben le due e mezza e credo di sentire: i primi deliri onirici tipici della malaria, le prime ansie da prestazione ("sarò capace??!"), le prime manie di persecuzione (il teo mi guarda aggirarmi tra calze-mutande-vettovaglie-beautycase-varie-ed eventuali in modo bizzarro..il suo sguardo perplesso sottolinea incredulo la mia confusione"), i primi sintomi del morbo di Alzheimer ("cavolo, cos'è che dovevo fare e ora non ricordo più???"), i primi schizzi stizziti di rabbia inconsulta ("ma porca miseria ramo, te lo sei detto un secondo fa!"), i primi gesti compulsivi di nervosismo subdolo ("..ci vuole una sigaretta.."), i primi momenti di sconforto ("azz..è l'ultima..").
Effetti collaterali di emozioni espanse.

mercoledì 2 maggio 2007

τίποτε δεν αντέχει στο χρόνο όσο η αλλαγή - Eraclito

Amici, l'ho fatto!
Solo che il tempo preme come i pollini di primavera sulle mie vie respiratorie affannate.
Nulla è permanente, tranne il cambiamento e oggi spira quel vento di ponente che tutto muta, pericoloso ed affascinante..
Va bene così, provo a cavalcare il vento e la sua onda e anche se sicuramente non riuscirò a domarla è meraviglioso sentirsi in viaggio e lasciarsi spingere e approdare. In un nuovo altrove.
Vi voglio un bene da matti, che quindi salta e balla con tutti gli arti in movimento fluidi e imprevedibili.