mercoledì 1 agosto 2007

COMUNICATO STAMPA

Per cause di forza maggiore ( vedesi strong malaria di Matteo) abbiamo detto addio ai nostri sogni di gloria, alle vacanze in riva all'oceano indiano, ai quasi estinti gorilla di montagna, ai parchi e agli animali della savana e più semplicemente agli ultimi dieci normali giorni di vita nel campo.
Torniamo l'8 agosto, preparate cocktail e piscina, salumi e gelati, focaccia di Coffa, grissini, lasagne e un po' di buon vino.. ma soprattutto troveremo qualcuno?!
Un abbraccio grande, a presto!
Ram e Mat

domenica 29 luglio 2007

Ci scusiamo per l'interruzione..


Ho sempre pensato che questa immagine fissa, con quel sonoro acuto e costante fosse quantomeno assurda. A tratti inquietante, spesso ipnotica, decisamente poco comprensibile.
Prendetelo così questo post. Vi racconterò meglio al più presto possibile.
Un abbraccio!
P.S. Grazie a tutti per gli auguri e/o il pensiero

martedì 17 luglio 2007

Immagina

Quest’Africa offre molto più di quanto io possa dare. Non mi sento particolarmente utile. Ma mi sento particolarmente parte di questo mondo.Quest’Africa mi risveglia, mi risveglia per ciò che ci riguarda come occidentali, occidentalizzati e un po’ depressi e demotivati. Forse ciò di cui la nostra civiltà non si sta rendendo conto è il conflitto tra il sistema che abbiamo creato e i reali bisogni umani che esso dovrebbe risolvere. Quest’Africa rende chiare e visibili le reali necessità dell’uomo. Penso a me, a molti di noi, alle domande sul futuro che ci siamo posti, al supremo e legittimo bisogno di significato, che spesso mettiamo a tacere. Il filosofo francese Jacques Ellul scrive: “non è affatto l’età della violenza; è l’età della consapevolezza della violenza”. E io credo fermamente che questo discorso non riguardi solo la violenza. Anzi, mai come in questo momento storico abbiamo la possibilità e le giuste condizioni culturali e non solo, di affrontare consapevolmente ciò che non funziona nel nostro sistema a molti livelli. Il sistema prova ad assopirci, a impigrirci, a farci sentire quasi nulli, il sistema prova a farti credere che dovrai pensare a te stesso, perchè altrimenti ti si mangeranno, quasi fosse una lotta, una lotta tra di noi. Ma io non credo sia così. Io continuo a credere nelle possibilità dell’uomo. Non dobbiamo perdere la capacità di immaginare il nostro futuro. Senza questa capacità saremmo perduti. E saremo meno uomini.

Christine è una ragazza di 24 anni che vive nel campo profughi di Minakulu. Durante una lunga chiacchierata, sedute nella sua capanna, mi ha raccontato dei suoi sogni e delle sue difficoltà. Lei vorrebbe studiare, fare l’agronomo, poi mi dice: “non voglio soffrire come i miei genitori”. I suoi genitori zappano tutto il giorno per la sussistenza della famiglia. Lei ha riempito anche un centinaio di taniche d’acqua al giorno per mettere da parte i soldi necessari a pagarsi la scuola secondaria, sperando di riuscire ad accumunarne abbastanza per il prossimo anno, altrimenti si rimanda, si salta un semestre..Ora sta facendo la poliziotta. Non le piace per nulla. E lo lascerà appena potrà. Ma ha sempre il suo obiettivo: tornare a scuola. Per studiare ciò che le interessa. Si possono fare dei compromessi. Spesso si devono fare per necessità. Ma non bisogna perdere l’obiettivo E noi?E io? Non abbiamo avuto nessuno di questi problemi, o almeno in modo molto molto più soft, nemmeno paragonabile. Ma spesso non abbiamo la motivazione e la volontà necessaria a scegliere, a lottare, a soffrire, a vivere davvero. In prima persona. Ci perdiamo in un sacco di stupidaggini. E tolta la necessità di avere ciò che è necessario per vivere, e vivere dignitosamente, ciò che spesso ci manca è proprio l’obiettivo. Anche quando sembra che ciò che fai non venga capito e magari riconosciuto. Anche quando pensi che vaffanculo, non ne vale la pena. Ciò che da il senso è ciò che io voglio essere. Come uomo, come donna. Tra gli uomini.

venerdì 13 luglio 2007

Errata corrige

Ops.. ho aggiunto qualche foto e un piccolo pensiero che son, ahimè, finiti due post più in giù. O scorrete oppur, per comodità, cliccate qui.

...-Panorami

P.S. Le foto purtroppo sono un po' piccole, ma altrimenti il blog faceva fatica a caricarmele. Se però cliccate su ognuna, vi si aprirà un po' più visibile.
Abbraccio!

giovedì 28 giugno 2007

Racconti

La settimana del “De gustibus non disputandum est”. Invitati a pranzo da Brother Elio (un fratello comboniano) per l’arrivo del nostro responsabile Antonio, ci siamo dedicati felicemente e completamente al lussuoso piacere del cibo. Tra patatine, pasta, verdure, fagioli, cipolle e lombo di maiale, da un vassoio a centro tavola ci giunge un profumo davvero invitante. Carne bianca, gustosa come coniglio, ma tenera quasi fosse pesce. Scopriamo solo dopo, che l’animale in questione, lungo circa 3 metri per 15 kg di peso, prima di essere servito a noi commensali, fu un pitone costrittore. Eccellente. Superbo. Tre giorni dopo viene a trovarci Christine, un’ amica del gruppo giovani di Minakulu, portando con sè un intero cosciotto di maiale selvatico ( una sorta di cinghialino). La sua carne affumicata e rosa era roba da leccarsi i baffi. E ultimo, ma non meno importante, ho assaggiato le famose termiti essicate al sole. L’aspetto di insetto, zampine comprese, mi rendeva sospettosa, ma il gusto ricorda vagamente quello di nocciolina. Tutto sommato niente male. Anche schiacciate in polverina e aggiunte al pesto di sesamo. Gradita fuga dal solito tran tran di pasta, cassava, fagioli e polenta di mais sciapa.

La settimana de “Le fatiche erculee”. Settimana di malanni. La malaria colpisce ancora e lo fa sul serio. Matteo a letto per due giorni con febbrone da cavallo se l’è cavata con il normale ciclo di pastiglie; Francesca, dopo la notte insieme passata insonne, è con Monica nell’ospedale (quello dei ricchi) a Gulu. Due giorni sotto quinino, ma sta decisamente meglio. Ed infine anche l’auto ha esalato l’ultimo respiro. Si è rotta la cinghia, ditrutte le valvole e pistoni consumati. I gentili meccanici dell’officina dei padri comboniani ci hanno prestato un vecchio Pajero che parte solo a spinta.

La settimana del “Faccia a faccia con il potere”. A tavolino, in momenti separati, con due delle cariche più importanti del Nord Uganda: l’ausiliario dell’Arcivescovo di Gulu e LC V, in pratica il presidente della regione, Norbert Mao, nonchè, pare, possibile candidato alle prossime elezioni presidenziali. Il capo della chiesa è un tipo enorme e con lo sguardo basso e l’arcata sopraccigliare un po’ arcigna; chiama al telefono l’arcivescovo impegnato nei colloqui di pace a Juba e lo chiama “Sua Grazia”. Si esprime come gli uomini di Chiesa, fa MMM con la testa e con le mani incrociate tra l’anellone. Incontro informale. Due chiacchiere di cortesia. Nel pomeriggio siamo stati ricevuti, dopo attese e appuntamenti saltati (dicesi strategia del farti sentire piccolo e insignificante), dal signor Mao. Un politico nero e giovane, ma un politico. Per la prima volta ho avuto la sensazione di essere davanti ad atteggiamenti, ragionamenti e dialettica conosciuta. Il tutto presentato, però, da una rara simpatia, e da un sorriso che arrivava come spontaneo. Seduta di fronte a lui, ho preso appunti, ho osservato attentamente la comunicazione non verbale, e mi sono buttata nel (entusiasmante) gioco della giornalista. Qui sotto vi lascio anche il resoconto del nostro incontro che prova a raccontare, forse, la situazione dei colloqui di pace.

La settimana delle “Storie di uomini e di guerra”. Otoo Jimmy è un ragazzo di 17 anni, di Ukole vicino a Minakulu Center. Quello che abbiamo capito è che nel 2004 è scappato dal bosco , dopo essere stato rapito e trattenuto dai ribelli per alcuni mesi. I ribelli gli avevano spaccato la mandibola, forse per questo è riuscito a scappare, o lo hanno lasciato moribondo nel bosco. In ogni caso venne portato a Gusco, centro di riabilitazione degli ex -bambini soldato e fatto operare al Lacor Hospital. Purtroppo la mandibola è rimasta bloccata, riesce a parlare , anche se non molto bene, ma non riesce a masticare. Infila dei piccoli pezzi di cibo nell'apertura rimasta e li deglutisce senza poterli masticare. Martin è un infermiere del dispensario di Minakulu Centre. Nel 2003 è scappato in seguito agli attacchi dei ribelli, dal villaggio di Aloi con nove bambini rimasti soli; con loro, ha vissuto per tre anni in un campo profughi. Dall’anno scorso, tre dei bambini orfani è riuscito a farli accogliere da alcuni parenti, mentre gli altri 6 sono rimasti con lui. Più mamma anziana malata di artrite deformante, moglie e la piccola Fiona, unica figlia naturale. Nonostante le difficoltà, la giovane età e uno stipendio mensile piuttosto basso, Martin ha deciso di tenere con sé questi bambini, con una umanità e una generosità spesso rare in questo contesto, dove il senso di famiglia allargata, tipico della cultura africana, sembra essere stato distrutto dall'atrocità della guerra.

Per entrambi stiamo cercando aiuti e sostegno e forse riusciremo a dare una mano (per quanto possiamo).

Io sto bene. Abbraccio largo, grosso, rotondo.

Incontro con Norbert Mao, LC V del distretto di Gulu

In data 26 giugno 2007, i volontari insieme ad Antonio (responsabile giunto dall'Italia) hanno incontrato Norbert Mao, LC V del distretto di Gulu. L’incontro si è aperto con il dono di una copia de “Il giornale dell’anima” di Papa Giovanni XXIII, richiesto espressamente dal neo presidente della regione durante il primo incontro tenutosi nel settembre 2006. Antonio ha, in seguito, dato via al colloquio chiedendo informazioni sull’andamento delle trattative di pace. Mao ha espresso soddisfazione per il raggiungimento dell’ammissione di responsabilità per i crimini commessi da parte dell’LRA, ma sostiene che le trattative sul terzo punto in agenda, che contiene anche le annose questioni di giustizia e riconciliazione, necessitano di voci forti. La questione delle responsabilità infatti pare sia incagliata sull’accusa ai leader dell’LRA della Corte Criminale Internazionale e Mao ha ipotizzato che un intervento dell’Europa o del Vaticano potrebbe aiutare a sbloccare la situazione. Il presidente sostiene inoltre che ci sono tre alternative al processo di fronte all’ICC: la prima è relativa al processo di giustizia tradizionale (in Acholi chiamato Mato Oput), che sebbene sia basato non sulla punizione, ma su una sorta di risarcimento tra clan, non è strutturato per crimini di così grande portata. La seconda apre la possibilità ad un Tribunal Forum for the North Uganda che preveda la possibilità alle vittime di dar voce ed espressione al loro vero sentire e di incontrarsi faccia a faccia con i carnefici. Il governo ha accettato questa proposta, seppur escludendo che anche l’UPDF si presenti davanti a questo tribunale. A questo proposito Mao ha parlato ai volontari del progetto distrettuale di costruzione di un Victim Witness Centre, preposto alla documentazione e all’ascolto. La terza possibilità è la costituzione di una Commissione per la Verità e Riconciliazione Nazionale, che ha incontrato, però forti resistenze da parte del presidente Museveni, il quale dovrebbe presentarsi di fronte alla commissione per aver ordinato nel 1991 l’arresto di alcuni leader del Nord o di bombardare i villaggi. Secondo LC V, se l’obiettivo finale è l’unità dell’Uganda, il governo non può rimanere sulla difensiva e a questo proposito ha speso due parole per ricordare come il Nunzio Christopher sia stato una figura importante, capace di richiamare il presidente Museveni alle proprie responsabilità. L’unità dei gruppi religiosi, l’intervento nelle trattative dell’inviato delle Nazioni Unite Chissano (particolarmente rispettato dal presidente ugandese), la pressione esercitata dall’incontro dei capi di Stato del Commonwealth a novembre e il supporto finanziario di Norvegia, Canada, Italia, Svezia e Francia, costituiscono un ottimo terreno per il raggiungimento della pace. Sebbene, secondo il presidente Mao, il ruolo e la posizione di Khartoum non sia del tutto chiara, la pace in Nord Uganda eviterebbe un ulteriore coinvolgimento dell’LRA in Sud Sudan, evitando un inasprimento del conflitto. LCV ha sottolineato inoltre l’importanza di fare pressioni sul governo ugandese affinchè si impegni davvero per la fine della guerra. Per quanto riguarda la situazione dei ribelli, invece, seppur probabilmente siano rimasti nall’area alcuni gruppi di pochi elementi, non ritiene che potranno causare grossi incidenti.

I volontari hanno poi rivolto all’LC V alcune domande sulla situazione specifica del territorio in cui operano. In particolare la prima è relativa alle attività delle Ong, 400 a Gulu, tuttora impegnate all’interno degli IDP camps e assenti o quasi nel sostegno verso chi si sta spostando nei villaggi originali, e alle loro relazioni con il distretto. Mao sostiene che le attuali attività delle Ong derivano dalla precedente panificazione e amministrazione, ossia che le organizzazioni stanno concludendo ora ciò che era stato deciso un anno fa. A questo proposito LC V sta cercando di stipulare degli accordi specifici tra Ong e distretto, in modo tale da rendere quest’ultimo il primo interlocutore dei doners. Per quanto riguarda il resettlement il distretto sta pensando a come strutturare i nuovi centri urbani e a stendere una pianificazione chiara che però non è tuttora pronta.

martedì 12 giugno 2007

... - e io

.. con i piccoli ..

..e con i grandi

... - Panorami

Le immagini continuano a raccontare..

..di campi profughi e natura potente


..di immensità

..di acqua

..di passaggi

..di villaggi di uomini


Gandhi diceva.. "L'uomo impoverisce le cose molto più con le parole che con il silenzio".
Per questa volta possiamo sentirci liberi di guardare in silenzio.

Pensieri sparsi tra il senso e la storia

Più le settimane passano, e più vorrei saper rispondere in modo chiaro e univoco ai miei perchè. E qua tutto ti pone di fronte ad un perchè, ogni differenza e ogni osservazione a cui non ero abituata. Tutto ti impone di interrogarti. Ma più vado a fondo e più i fili li vedo fitti e intrecciati. E spesso provo a seguirne uno con il pensiero e mi rendo che o ho perso la strada o c’è qualche gatto che si morde la coda o che tutti siamo causa e conseguenza di qualcosa. Ed è complesso riuscire a lasciarsi vivere profondamente dalle differenze, farne parte per poterle comprendere, ma non abituarsi, non perdere la capacità di porsi domande, tenere la propria capacità critica sul confine sottile tra ragione e emozione. E’ vero, è difficile sapere come si avvita e si svita se non sai cos’è il senso orario perchè un orologio non ce l’hai mai avuto, ma nemmeno una maniglia, perchè le porte ne son sprovviste, nè tantomeno un rubinetto perchè l’acqua la pompi con pesante sforzo di schiena. Il nostro senso logico poi, non è mica l’unico possibile e soprattutto non è così innato. E la capacità deduttiva si impara, noi lo facciamo senza nemmeno accorgercene non ancora adolescenti in una scuola che bene o male pone delle basi. E’ difficile capire davvero cos’è l’AIDS se non sai cos’è il sistema immunitario, ma in una scuola con cento bambini a classe è un po’ complicato fare qualcosa di più che attività collettive che anche solo li tengano impegnati, si veda tagliare l’erba tutti insieme. Ma poi quanti bambini ci sono??!! Scrive un certo Emiliano Bos “al di là della solita diatriba, anticoncezionale sì, anticoncezionale no, sarebbe opportuno capire una volta per tutte che la questione demografica è l’effetto del sottosviluppo e non la causa. Quando all’inizio degli anni ’60 nello Stato di New York mancò la corrente per soli tre giorni, essendo molta gente costretta a stare in casa, si verificò quello che i sociologi del tempo definirono il ‘baby boom’ del secolo. I reparti di ostetricia, nove mesi dopo il fatidico black-out, furono invasi da un numero impressionante di mamme gravide”. Per la prima volta davvero in vita mia penso di aver capito l’importanza della Storia e l’importanza di ricordarla. La dote invece delle mucche, la famiglia che dà in moglie, la superstizione, il sesso e l’amore. I cambiamenti e i perchè. La nostra storia, o quella che oramai pensiamo come tale, non è poi così lontana.

E poi dice una poesia di Salvador Diaz Miròn: “Sappiatelo, sovrani e vassalli, eminenze e mendicanti, nessuno avrà diritto al superfluo, finché uno solo mancherà del necessario”. E questo è un buon motivo per continuare a pensare. Per agire.

... - Luoghi

Campo profughi - Kalongo


Ritorno al villaggio..


Ospedale Lachor, reparto maternità


Mercato


Scuola sotto l'albero


lunedì 4 giugno 2007

Viaggio dentro al mio sguardo - People

Settimana di viaggio, verso il Nord del paese, nei luoghi che negli anni hanno subito le incursioni e gli attacchi dei ribelli rifugiati nel sud del paese confinante, il Sudan. E i viaggi sono fatti di immagini, di cieli e distese, di volti e persone. E allora eccovi qualcosa direttamente dai miei occhi. Qua e là.

..& giochi di bimbi


..& family


..& World Food Program


.. & work

..hard work



sabato 26 maggio 2007

Il bianco e il nero

Mi abituo alla doccia fredda tutti i giorni e all'acqua calda nelle bottiglie. Ma ci sono certe cose, alcune cose, che tentano costantemente di farmi perdere la pazienza.

E il leone che c'è in me ruggisce silenzioso. Ma ostinato.

Sono cose da bianchi e cose da neri. Ed è chiaro, sono solo sensazioni, che continuo a rivalutare.

Mi colpisce la nostra incapacità di prendersi il tempo di creare relazioni, di salutare con qualcosa di più che un semplice cenno, di aspettare le loro risposte senza suggerirgli cosa dire. E di guardare agli altri, agli africani, con l'atteggiamento oscillante tra la dolcezza un po' mielosa della mamma con il suo bambino, e il fastidio e la sufficienza un po' superiore di fronte alle incapacità altrui.

E del resto spesso non sopporto neppure gli abissali e spesso inspiegati tempi africani, le attese lunghissime e spesso vane e quella sorta di pigrizia che immobilizza. E come hanno imparato a guardarci semplicemente come una gallina dalle uova d'oro e ad affinare l'arte della richiesta nelle sue più varie forme. E mi turba perchè credo che tolga loro una dignità dell'uomo che, invece, mi è stata tramandata con forza. Oppure a trattarci come se davvero noi 'munu' fossimo superiori, a lasciarci passare le file senza aprir bocca, a dire sempre sì, a qualunque richiesta di bianco.

Il tutto è senza alcuna malignità, senza alcuna volontà di offendere. Sono i vestiti, gli usi e i costumi e la cultura profonda che ci portiamo dietro anche quando attentamente proviamo a svestircene.

E' spesso davvero molto difficile, spogliarsi di tutto ciò che è culturale, per rimanere persone nude le une di fronte alle altre. E guardarsi come tali, con il rispetto profondo che si dovrebbe ad un altro essere umano.

mercoledì 23 maggio 2007

Le prime volte

Settimana strana, ma senza il tempo di riflettere a fondo.. Ma ci sono ben due eventi che val sicuramente la pena di citare nella collezione delle prime volte.. Entrambi un po' scioccanti, entrambi impensati.
Ebbene, ieri sera matteo ha scoperto una zecca sulla mia pancia. Sì, proprio una zecca. Nera, in rilievo come un piccolo neo, aggrappata con tutte le sue forze al mio tenero pancino succulento. Come non comprenderla..La zecca è stata sfrattata con le brutte maniere dalle mani forti del mio uomo salvatore e da una pinzetta per sopracciciglia ed, infine, soffocata con dell'ottimo disinfettante. Pericolo scampato. Ma non è tutto.
Due sere fa, in pieno buio totale, corre a casa nostra Patrick, uno del gruppo paralegal (un gruppo creato dal comitato giustizia e pace che si occupa di risolvere i conflitti locali, da quelli familiari a quelli per la terra e così via..). Moglie incinta di nove mesi e mezzo in preda alle (ora lo so!) devastanti contrazioni. La donna, come tutte le donne qui, con estremo controllo di sè, dei suoi dolori e delle sue emozioni non diceva una parola, e nella lunga corsa verso l'ospedale esprimeva il suo dolore con delle piccole convulsioni. Con noi, Patrick e una levatrice locale, una ostetrica tradizionale diciamo. Ad un certo punto chiede di fermare la macchina, la facciamo scendere e la posiamo sulla strada sterrata.. ed è così che, torcia alla mano, è venuta alla luce Monica, una bimba di quattro chili e rotti. Con annesso taglio del cordone ombelicale e fuoriuscita della placenta e pianto liberatorio della bimba. Che dirvi..emozioni a gogò.
Le prime volte, e di sicuro questa, non si scordano mai.
Hugs!

sabato 19 maggio 2007

Under construction

Il sole sorge alle 6.45 e tramonta alle 19.20, fuso orario di +1 ora, pioggie torrenziali quasi tutte le notti , caldo equatoriale di giorno, cielo immmmenso, costellazioni mai viste, così pure le piante, gli insetti e i gli animali scorrazzanti (go,strani scoiattoli e anieri, strane lontre) e poi motociclette taxi che si chiamano boda boda.

Ebbene son già passate due settimane, volate!

Settimana iniziata qua in città (Gulu) con un carico di malati da portare in ospedale, pezzi nuovi per pozzi da riparare e frutta esotica dal mercato cittadino(mmm..goduria..mango, ananas, banane di ogni sorta, avocado, passion fruit..). Piccolo passo indietro: cosa sta succedendo qua, ora?

La guerra ha molte facce e dovrei cominciare raccontandovi le motivazioni politiche e personalistiche dei leader , troppo spesso sottovalutate. Dovrei raccontare quante facce sa assumere la democrazia, e cosa significhi lo Stato, qua in Africa. Dovrei anche parlare degli intrecci tra gli stati di questa regione dei grandi laghi e spiegare come continuano a convivere qua l’anima africana e quella coloniale. E provare a osservare le facce del denaro in tutto questo. Le segno qua, per non dimenticarmi di provare a farlo poco a poco. Ciò che oggi posso descrivere però, ciò che vedo ogni giorno, è cosa lascia la guerra nella vita quotidiana delle persone, mentre continuano i colloqui di pace tra il governo e i ribelli dell’LRA, all’interno di lussuosi palazzi a Juba, nel sud Sudan con un budget di spese giornaliere esorbitanti. Piano piano (mot mot) il popolo Acholi di quest’area sta tornando a ricostruire le vecchie case, abbandonate durante la guerra per scappare nei vari campi profughi (campi di capanne attaccate, ai bordi della strada principale con accanto un piccolo presidio dell’esercito, pessime condizioni sanitarie, totale dipendenza dagli aiuti internazionali). Tornare, significa riappropriarsi delle proprie terre da coltivare con i confini confusi nell’erba, ricostruirsi la casa (capanna di mattoni di terra, bambù e tetto in paglia), ricostruire le latrine, ricostruire le scuole, ma soprattutto i pozzi. La guerra e l’abbandono distruggono. E cambiano volto alla terra e al suo popolo. E, personalmente, trovo commovente la capacità dell’uomo di ricostruire.. rapporti, case, famiglie. E noi? Settimana fatta di pozzi riparati e di distribuzione di attrezzi e materiali vari (bamboo, chiodi, asce, coperte, teloni per giacigli provvisori e latrine). Perchè pace significa anche poter tornare a casa, poter ricominciare a zappare, riunire la famiglia allargata, vivere in mezzo a una natura talmente viva da nascondere case e persone, che si perde a vista d’occhio e che regna, padrona rispettata. Pace è anche prendere coscienza di sè, è voglia di cooperare, è bisogno di crescere, così ci è sembrato carino dare una mano al gruppo giovani del campo dove viviamo (minakulu) a creare uno spazio in cui avere libri comuni (gentilmente donati da alcuni nostri amici) e in cui semplicemente avere la possibilità di leggere.

War? Peace? Africa? World? Forse davvero, le risposte più utili sono quelle che propongono nuove domande..

E se vi va di sganasciarvi alla faccia mia, andate di nuovo sul blog del teo, il quale mi ha rubato la foto che volevo postare..


Grosso abbraccio!

"I was thirsty and you gave me to drink"

Vi invito a leggere questo articolo http://www.ugandaobserver.com/new/oped/oped200705173.php di uno straordinario prete spagnolo che per anni ha vissuto nella casa di Minakulu dove abitiamo noi oggi, con la gente martoriata dagli attacchi dei ribelli, con la paura e la consapevolezza di non essere padroni del proprio domani. Bè insomma..parla di noi in un articolo molto bello (seppur in inglese, per i più vecchi mi dispiace ma non faccio in tempo a tradurlo!) sull'acqua, diritto umano spesso negato qua, e su come le organizzazioni governative internazionali e non gestiscano i loro progetti a tal proposito ( e su questo ci sarebbe assai da discutere).
"My reason for hope today is that I know people who don’t go for international conferences in big hotels, but follow the Gospel mandate where Jesus says: “I was thirsty and you gave me to drink”. Since last year, a group of four Italian volunteers working for a Christian peace organisation has lived in the parish house of Minakulu. They don’t have electricity or running water and everyday they go to fill their jerry cans at the borehole in the centre, like everyone else living there. After fundraising from their friends at home, they managed to get some little funds and they are using every bit of it to do what others are not doing: repair boreholes in remote villages. I have found it amazing how a mere Shs 300,000 (about $170) can change the lives of one thousand people. Perhaps it would be more accurate to say that it is goodwill and a compassionate heart that can make the difference. Without those, even the biggest amount of money will be of no use."

lunedì 14 maggio 2007

ALIVE!

Amici!!!! Aspettate, aspettate un attimo, ho bisogno di allungare le braccia fin là e abbracciarvi in modo collettivo per qualche secondo! . . . ok, fine delle smancerie..:-)

Finalmente riesco a scrivere qualcosa, seppur con il tempo di nuovo contato.

Dunque, ricapitolando.. qualche notizia nonostante la latitanza è arrivata: avete visto le nostre facce all’arrivo nella calda e umida Kampala nel blog del teo (che sbriciola l’ultimo piccolo scampolo di vanità femminile che mi rimaneva in Italia) e avete letto un po’ di quello che ho negli occhi in quello della tamy(grazie!). Nonostante il timore di Giacomo, giustificato dalla mia proverbiale sbadataggine, fortunatamente non sono ancora incappata in nessuna mina antiuomo e sto bene! tolta l’abbronzatura da muratore, la pelle squamata e lo stomaco in subbuglio.

Prima settimana intensissima sebbene qua il tempo non sia, nel modo più assoluto, un’entità misurabile e per questo diventi labile, variegata, lunghissima/evanescente: piena di cose da fare e di attese, di atteggiamenti da capire e pensieri da assorbire. Ho incontrato tantissime persone e partecipato ai rituali formali che le presentazioni singole e comunitarie hanno qui: AFOIO! I TIE’? A TIE’! Ci si saluta con le mani strette all’altro, con un lieve piegamento e si ripete due o tre volte come stai, grazie, bene, VUELO (ospite) siamo molto felici di darti il benvenuto, AFOIO MATEK!Grazie tante e così via. Sono stata presentata alla comunità durante la messa della domenica, messa cattolica lunga e articolata, ma africana con musiche africane e canti e danze e bambini seduti in terra a decine e preghiere intense e volti concentrati; sono salita vicino all’altare e mi sono presentata in inglese mentre un catechista traduceva il mio ringraziamento. Mi sono seduta su una stuoia di fronte alla capannina di un vecchio anche solo per qualche chiacchiera e qualche sorriso, per sapere come sta e vederlo fumare avidamente una sigaretta donata.

Ho visto le donne farsi chilometri con in testa una tanica da venti litri in equilibrio, una da dieci in una mano e un bambino sulla schiena tutto il giorno e ho visto come si ripara un pozzo comprendendone davvero l’importanza. Poi un po’ di cibo ai più anziani, a quelli che non possono più andare a zappare e pesano su famiglie povere. E povero qui diventa una aggettivo nuovo. Ho rispolverato come si uccide, spiuma e pulisce un pollo dopo che l’ennesimo signore ce lo ha donato perchè così si fa quando sei un ospite invitato. E abbiamo accompagnato un po’ di persone in ospedale, ma questa è un’altra storia, che va raccontata con calma.

Ho pensato tantissime volte alla mia nonna e a quello che vedevo nei suoi occhi.

Si respira libertà. Forse è la semplicità

Quando l’uomo stesso nelle sue molteplici sfaccettature e l’umanità più o meno consapevolmente intrecciata sa essere nello stesso tempo e in modo così duro, causa sprezzante e vittima incolpevole diventa difficile districare i fili della matassa.

Presto foto e altro per ora accontentantevi..;-)


P.S: Un pensiero gigante alla mia famiglia..


giovedì 3 maggio 2007

Nuovi modelli di animali guida

Il mio animale guida è femmina, ha le piume bianche, soffici e setose. E oggi mi basterebbe farle un po' di grattini sul capo e vedere il suo sorriso dolce e serafico allargarsi piano. Brontolerei sbuffacchiando. Ma , di sbieco, guardandola, sorriderei anch'io un sacco.

DLIN(G) DLON(G) - La valigia e le sue metafore

.. informazione di servizio. La signorina Bruno Ramona e la sua valigia sono attese al check-in numero 7: il suo volo è in partenza!..e io mi vedo..sono lì..con il maledetto laccio della mia maledetta scarpa destra, incastrato nella maledetta porta girevole di questo maledetto aeroporto e barcollo sotto il peso biblico del mio zaino in modo goffo e inadeguato..

Sono ben le due e mezza e credo di sentire: i primi deliri onirici tipici della malaria, le prime ansie da prestazione ("sarò capace??!"), le prime manie di persecuzione (il teo mi guarda aggirarmi tra calze-mutande-vettovaglie-beautycase-varie-ed eventuali in modo bizzarro..il suo sguardo perplesso sottolinea incredulo la mia confusione"), i primi sintomi del morbo di Alzheimer ("cavolo, cos'è che dovevo fare e ora non ricordo più???"), i primi schizzi stizziti di rabbia inconsulta ("ma porca miseria ramo, te lo sei detto un secondo fa!"), i primi gesti compulsivi di nervosismo subdolo ("..ci vuole una sigaretta.."), i primi momenti di sconforto ("azz..è l'ultima..").
Effetti collaterali di emozioni espanse.

mercoledì 2 maggio 2007

τίποτε δεν αντέχει στο χρόνο όσο η αλλαγή - Eraclito

Amici, l'ho fatto!
Solo che il tempo preme come i pollini di primavera sulle mie vie respiratorie affannate.
Nulla è permanente, tranne il cambiamento e oggi spira quel vento di ponente che tutto muta, pericoloso ed affascinante..
Va bene così, provo a cavalcare il vento e la sua onda e anche se sicuramente non riuscirò a domarla è meraviglioso sentirsi in viaggio e lasciarsi spingere e approdare. In un nuovo altrove.
Vi voglio un bene da matti, che quindi salta e balla con tutti gli arti in movimento fluidi e imprevedibili.